Brand activism – Cos’è e chi lo mette in pratica

Il brand activism tra teoria e pratica. Cosa significa e quali sono gli esempi concreti che hanno fatto scuola e quelli più recenti di aziende anche italiane.

Cos’è il Brand Activism

Nel 2018 Philip Kotler e Christian Sarkar  hanno coniato per la prima volta l’espressione “Brand Activism” nel loro libro “Brand Activism. From purpose to action”, in cui i due guru del marketing esplorano il concetto di responsabilità sociale dell’azienda.

Un brand può definirsi “attivo” quando rende chiaro, ai propri clienti il suo scopo e le sue visoni del futuro. Un marchio è attivo quando si sente libero di adottare una causa, di prendere posizione su un importante problema sociale.

Il Brand Activism è in sintesi il manifesto di un’azienda che vuole assumersi una responsabilità sociale per far progredire il Bene Comune, provocare un impatto positivo sugli altri e sull’ambiente, andando quindi oltre la mera logica del guadagno.

Il Brand Activism è anche il risultato del fallimento dei governi nell’affrontare i problemi più urgenti del mondo. Va a riempire un vuoto lasciato da chi dovrebbe prendersi cura del Bene Comune e cerca di farsi interprete di quel bisogno molto forte in qualsiasi comunità. Le numerose battaglie di questi anni per la sostenibilità ambientale, la riduzione di emissioni inquinanti e la Social Justice sono esempi lampanti e rappresentano i temi più rilevanti dell’agenda politica e sociale a livello globale.

Esempi di Brand Activism

A ben guardare se volessimo andare indietro nel tempo, già solo in Italia troveremmo esempi lampanti di questo impegno in Adriano Olivetti e la sua famosa azienda di macchine da scrivere, concepita per raggiungere un equilibrio tra solidarietà sociale e profitto, con grande attenzione ai propri dipendenti, alle loro famiglie e alla comunità di riferimento della fabbrica.

E’ un concetto strettamente correlato alla Vision che si dà l’azienda e alla Purpose che mette al centro della propria attività d’impresa: Business with a Purpose.

Patagonia

Tra le aziende pioniere in questo senso c’è sicuramente Patagonia, che fa scuola ormai da anni nel dimostrare il suo impegno costante nella politica attiva a favore dell’ambiente e della giustizia sociale.

Fece scalpore, ormai nel lontano 2011, la pagina pubblicitaria che l’azienda pubblicò sul New York Times in occasione del Black Friday dove Patagonia invitava espressamente i lettori a non comprare la giacca sportiva in oggetto. Su questa pagina era presente un titolo a caratteri cubitali con scritto “Don’t buy this Jacket”, una foto di una giacca grigia da outdoor e in fondo una lista dei costi ambientali ed ecologici che comporta la produzione di un singolo capo.

patagonia dont buy this jacket
La famosa campagna di Patagonia del 2011 “Don’t buy this jacket”. Ha fatto scuola come esempio di Brand Activism.

Nella Mission di Patagonia leggiamo:

Noi di Patagonia sappiamo perfettamente che tutte le forme di vita sulla Terra rischiano l’estinzione. Vogliamo utilizzare tutte le risorse in nostro possesso – il nostro business, i nostri investimenti, la nostra voce e la nostra immaginazione – per far sì che ciò non accada.

Si tratta poi di tradurre in pratica lo statement e sviluppare una forte identità di brand riconosciuta dal mercato. Non è solo mettere in pratica qualche iniziativa per soddisfare le esigenze di Corporate Social Responsability, ma farne proprio un elemento fondante dell’attività d’impresa, riconosciuta e riconoscibile dal pubblico e dai consumatori.

Patagonia in sostanza non vende prodotti, ma idee più grandi, legate all’avventura, all’esplorazione, al benessere, alla tutela.

Come suggerisce Paolo Iabichino (direttore creativo e tra i fondatori dell’Osservatorio Civic Brands) è un tipo di marketing che segue una narrazione sincera e appassionata, che elimina menzogne e ipernarrazioni.

Molte aziende hanno preso spunto da Patagonia per proporre iniziative e campagne simili.

Cortilia

Cortilia, che nel corso degli anni partendo da Milano si è pian piano allargata ad altre città in Italia offrendo un servizio di e-commerce di prodotti naturali mettendo in rete produttori locali, ha recentemente pubblicato una campagna che ricorda molto proprio l’esempio di Patagonia.

cortilia non comprateci sempre
Campagna pubblicitaria Cortilia – Non comprateci sempre

Banca Etica

Nata nel 1999 con obiettivi ben chiari proprio in linea con i principi enunciati anche dal band activism, Banca Etica si impegna a finanziare esclusivamente imprese che operano per l’interesse collettivo: dalla cooperazione sociale, alla cooperazione internazionale, dalla tutela dell’ambiente alla promozione della cultura, dalle energie rinnovabili all’agricoltura biologica.

Un segno distintivo che la fa certamente emergere nel panorama della banche ed istituto di credito italiani.

banca etica homepage
Banca Etica – Homepage del sito

Altromercato

In ambito retail, tra le aziende più attive troviamo Altromercato, presente ormai da tempo in molte città italiane.

Il payoff di Altromercato indica già la strada: “Scegli da che parte stare”.

Il suo tratto distintivo è quello di offrire al consumatore prodotti che provengono da artigiani e contadini che localizzati in vari parti del mondo, ma sempre garantendo il rispetto del lavoro equamente retribuito, basato su una filiera trasparente e tracciabile. Un’offerta che tutela quindi consumatori, produttori e l’ambiente, garantendo allo stesso tempo la qualità dei prodotti.

Una delle sue ultime campagne si focalizza sul caffè, un prodotto spesso problematico in termini di equità sociale e corretta retribuzione dei produttori.

La campagna del caffè Altromercato

Il messaggio, di grande impatto, è “Consumi o scegli?”.

Nel video si riportano le testimonianze dei contadini e lavoratori delle cooperative del Nicaragua che lavorano giornalmente per offrire un prodotto di ottima qualità ottenendo in cambio una retribuzione equa.

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