Fare marketing non significa solo puntare al massimo profitto, ma tenere conto anche dei principi di sostenibilità sociale ed ambientale.
Il marketing e la generazione di profitto
Il marketing viene spesso definito come il complesso dei metodi che partendo dall’analisi del mercato e dei bisogni dei consumatori attuali e potenziali, ha come obiettivo quello di collocare i prodotti in un dato mercato generando il massimo profitto. A questo scopo si scelgono e pianificano le politiche più opportune di prodotto, di prezzo, di distribuzione e di comunicazione.
La cronaca spesso usa questo termine per descrivere delle pratiche piuttosto discutibili, dove le aziende compiono azioni finalizzate a vendere i propri prodotti e servizi senza farsi troppi scrupoli. Ne sono un evidente esempio il telemarketing aggressivo, dove a ignari consumatori vengono rifilati servizi non richiesti oppure pubblicità discutibili se non addirittura ingannevoli.
Eppure al di là di alcuni cattivi esempi, la stessa logica che sta dietro al fare impresa sta necessariamente evolvendo verso una concezione più olistica, dove il bene comune è il fine ultimo dell’attività imprenditoriale.
Risulta ormai superata quella visione unicamente orientata al profitto tipica di teorie economiche che hanno dominato per decenni la scena globale e sviluppate secondo un modello economico lineare.
La sostenibilità come valore e obiettivo
Tutte le discipline economiche e le componenti e funzioni dell’impresa hanno introdotto ormai il termine sostenibilità come valore e obiettivo fondante alla base dell’azienda.
Persino il nostro strumento giuridico (legge 28 dicembre 2015, n.208) ha introdotto la figura delle Società Benefit, cioè quelle società di capitali che hanno come obiettivo il conseguimento, in modo congiunto e integrato, di finalità di lucro e di beneficio sociale. In sostanza l’azienda si impegna a perseguire anche scopi di beneficio comune e generare un impatto positivo a lungo termine sulla società civile e sull’ambiente.
Il ruolo del brand
Se volgiamo l’attenzione verso le teorie di marketing ed in particolare al brand, cioè quell’elemento che dovrebbe rappresentare l’essenza dell’azienda e farsi portatore dei suoi valori, il padre del marketing moderno Philip Kotler, ha introdotto già da qualche anno il concetto di Brand Activism (“Brand Activism: From Purpose to Action” – Sarkar & Kotler, 2018. In Italia edito da Hoepli nel 2020 con il titolo “Brand Activism: dal Purpose all’Azione”).
Secondo Kotler un brand può definirsi “attivo” quando rende chiaro, ai propri clienti il suo scopo e le sue visoni del futuro. Un marchio è attivo quando si sente libero di adottare una causa, di prendere posizione su un importante problema sociale.
Il “Brand Activism” è in sintesi il manifesto di un’azienda che vuole assumersi una responsabilità sociale per far progredire il Bene Comune.
Una visione più moderna
Questa è la direzione che qualsiasi azienda moderna, con una visione di lungo periodo e contraddistinta da una leadership illuminata, deve prendere per poter non solo sopravvivere sul mercato, ma guadagnare posizioni di rilievo nel proprio mercato.
Il mercato stesso, specie nei settori dove la domanda è molto sensibile ai temi ambientali e sociali, emette segnali inequivocabili che spingono per avere un’offerta che sposa i principi della sostenibilità.
Il marketing, che è la funzione che deve interpretare il mercato e segnare la strada dello sviluppo di prodotti e servizi, non può ignorare questa tendenza irreversibile. Deve anzi farla diventare parte integrante della strategia aziendale.
Marketing e sostenibilità devono andare a braccetto e guidare l’evoluzione delle aziende.